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D’Alessandro o Defrel?

Pierpaolo Bisoli non si fa grossi problemi: dentro tutti e due. Contro il Citta si passa quindi a un 3-4-2-1 con i due mezzi fantasisti dietro all’unica punta Graffiedi. Tanto Iori quanto Gessa tendono ad arretrare sulla linea difensiva quando muove la ripartenza padovana, con Comotto che a tratti deve intervenire a supporto di Ceccarelli quando Biraghi, vera spina nel fianco, e Bellanzini si muovono in coppia sulla fascia: per questo Gessa è costretto a riparare in chiusura sul “lato debole” che, paradossalmente, diventa la fascia centrale. In compenso, spinge anche in avanti per aprire il gioco a Iori, e questo lo mette quasi in conflitto con Defrel che, dopo la metacampo, fa fatica a manovrare. L’idea di fondo dovrebbe essere che il francesino di Medoun raccogliesse la palla dopo la tre quarti, aspettando o l’appoggio di Graffiedi e il conseguente taglio di D’Alessandro, o la sovrapposizione verso l’esterno di Gessa, pronto a metterla in mezzo dalla destra con ‘Cecca’ a supportarlo.
E’ un gioco fisicamente dispendioso, che però mette spesso D’Alessandro nelle condizioni di poter prendere palla e svariare, anche se la chiusura dell’azione non arriva: difatti è lui il pezzo sacrificato da Bisoli nei cambi. Conferma di essere un’incognita: a sinistra come esterno non ha capacità di contenimento e quindi deve essere supportato da un terzino d’esperienza che il Cesena non ha e, anche per questo, per ora l’illusione di farne un nuovo Giaccherini sa più di harakiri che di investimento; da trequartista in coppia è completamente sprecato.

Al 18′, comunque, si vede l’essenza di questo ragionamento tattico: Defrel recupera al di qua della metacampo, Gessa taglia in esterna e si porta via l’uomo, appoggio del francese su Iori che pennella per D’Alessandro, con campo libero, D’Alessandro si allarga e Graffiedi taglia in area, portando via l’uomo per l’inserimento di Defrel, cui manca solo un po’ di puntualità. Probabilmente una pecca in questo gioco passa sulla destra: per non essere isolato, Defrel è costretto ad arretrare e non è quello che vorrebbe Bisoli. Ceccarelli non sembra ancora mentalmente pronto per impostare interamente un’azione da quella fascia. Bisoli se ne accorge e, nella ripresa, toglie D’Alessandro, lascia Defrel unico trequartista e arricchisce il centrocampo con Parfait, allargando Gessa a supporto di ‘Cecca’ e tamponando così Biraghi, anche se si è comunque perso un punto di riferimento sulle diagonali offensive. Va detto che, fisicamente, Defrel non può essere il giocatore di spinta che Bisoli cerca, non ne ha il physique du role, anche se di miglioramenti se ne vedranno parecchi nelle prossime giornate. Una considerazione, se è permesso: Defrel è in comproprietà con il Parma… e se c’è il talento, raramente il Parma molla la presa… è lui l’uomo su cui investire tempo che potrebbe essere impiegato su un reale capitale territoriale ed economico come Turchetta?
C’è comunque sterilità offensiva, ma Djokovic ha la sua occasione per andare ad attaccare a sinistra mentre Gessa rimane a presidiare la destra, senza più dover seguire anche gli spostamenti di ‘Cecca’. La mossa si rivelerà giusta perché Damjan, un altro di quelli di cui Senior si sarebbe volentieri disfatto, mette il suo sigillo sulla gara.
A Bisoli va bene in difesa con Tonucci: Mariani di Aprilia non vede la spinta del difensore ai danni di Coly e non fischia rigore, ma tutto sommato il pesarese classe ’88 non fa altri danni e gioca una partita dignitosa, lasciando che i centrali avanzati lo soccorrano, perché quando esce oltre l’area sul portatore di palla è regolarmente aggirato come un divieto di circolazione senza Sirio tra le palle. Va peggio con Brandao, e il Belardi è costretto a immolare pure il faccione onde evitare rischi. E poi c’è Comotto. Già, Comotto. Quello che doveva morire. Mai visto negli ultimi anni di non calcio un comportamento più professionale del suo. E, infatti, doveva essere fatto fuori nella fase di mercato estivo. Come Guana. Comotto: un uomo, che non ha bisogno di urlare per far vedere gli spigoli dei suo coglioni.

Qualcuno si lamentava, alla fine del primo tempo, di un Cesena inconcludente. Non è che fosse inconcludente… semplicemente era troppo ambizioso. Palla a terra, legna: non può ambire ad altro. E in questo gioco operaio, potrebbe anche incominciare a giustificare il fatto che top-class come Iori e Belardi, perché c’è chi non ha mai dubitato che Belardi in panchina fosse un lusso per i bianconeri, giochino al Manuzzi.
Ma è presto per giudicare Bisoli. Come, forse, era presto per giudicare Junior. Certo, 4 punti in 2 giornate sono un ruolino di marcia da chi ha mostrato di avere le palle. Ma, al contrario di altri, chi le ha mostrate è stato messo nelle condizioni di poterlo fare.

“Mi piace il gioco cattivo di Bisoli” scherzava il buon Djokovic a fine partita.
L’ha detta bene lui, in manco una riga.

La Voce di Romagna, 23/09/2012 (integrazione)

Il gioco cattivo di Bisoli (vignetta di TraMe)

“Mimmo, bumaye”.
Mimmo, uccidilo. Che sia Luca Mancini, che pare abbia risposto alle sue urla di rabbia francofone con un meno francese gesto dell’ombrello. Che sia Maurizio Marin, che lo ha concesso in prestito con diritto di riscatto al Vicenza, agevolando una doppietta che Malonga non realizzava dal ’75. Che sia Gabriele Valentini, che non ho la minima idea di cosa si stia occupando in società in questo momento ma sono sicuro che in serie B il concetto di “dirigente dell’area sportiva” sia denso di significato tale che servono menti elette anche solo per arguirne la portata. Che sia lo stesso Malonga, quello indolente, che non corre in allenamento, che ha dinamite nei piedi ma sembra un invertebrato quando fa finta di muoversi. Quello che, si spera per loro, i vicentini non conosceranno mai, ma che qui a Cesena ha fatto sempre dannare.
Sia chi sia, Mimmo, uccidilo.
Come Ali ha ucciso Foreman, come Mancini ha ucciso Minotti, ieri Mimmo ha ucciso il Cesena. Che già non è che fosse poi molto in forma.

Di nuovo 4-4-2 per Junior. O 3-5-2. O 4-3-3. Dipende chi è che guarda la partita. Ma, ehi, tranquilli: non è che cambi molto. La realtà, oltre l’universo del pressapochismo tattico, è che si soffre soprattutto a centrocampo, dove solitamente trae forza la manovra del Cesena, con i 5 in linea del Vicenza che fanno e disfano.
Gessa è sacrificato spesso indietro a fare il terzino d’appoggio per l’arrembante Tonucci, al debutto, nonostante si pensasse a spendere la pedina Bamonte alla vigilia, con una difesa che anche se viene spacciata per linea a 3 è in realtà costantemente a 5. Tabanelli è quindi spesso attivo in fase di proposizione, mentre Iori deve costruire, e da quelle parti è roba per Spirit cavalli selvaggi, ma il Vicenza è compiacente e bussa raramente, preferendo penetrare dolcemente la verginità della fascia sinistra bianconera, con Favalli ancora troppo timido per essere proposto in una situazione in cui deve guardarsi sia da Mustacchio che da Malonga, pronto ad incunearsi tra l’ex compagno di squadra e Caldirola, con il completo disinteresse di D’Alessandro. Può anche essere il male minore l’esterno sinistro, ma va innescato prima della trequarti, altrimenti non è in grado di scrollarsi di dosso i raddoppi, che questa sera ci sono e si sentono, anche se con una settimana di ritardo stando alle visioni di Campedelli del dopo-Sassuolo. Purtroppo dipende tutto dal lavoro di Iori, missionario nel deserto quando Minesso e Di Matteo salgono in fase difensiva dietro Malonga, tagliando le gambe alle ripartenze bianconere con Tabanelli impossibilitato ad appoggiare. E se bisogna giocare per lui, in questo momento l’unico in grado di far male, allora si giochi costantemente per lui.

Di nuovo tanti, tanti limiti con i centrali difensivi. Nei due gol è palese la poca intesa tra Ravaglia e il duo Caldirola-Brandao: il portiere forlivese continua poi a non essere signore dell’area piccola, come dimostra il gol di Misuraca. E prima o poi qualcuno dovrà iniziare a parlare anche di panchina. L’inserimento di Pinardi, con una linea offensiva a quattro per spostare il baricentro, cambia l’inerzia della partita: arriva il raddoppio e sembrerebbe finita, ma D’Alessandro conferma di essere come il nemico degli X-Men, il Fenomeno: nessuno può fermarlo, palla al piede, prima della tre quarti.
Con l’espulsione di Succi si passa al 4-3-1-1, specialità di Junior al Bellaria quando rimaneva in inferiorità, portando comunque a casa qualche punticino: D’Alessandro passa dietro a Graffiedi e Iori è costretto a fare come la Curva, a macinare chilometri, per tamponare le fuoriuscite dalle parti del pupo Favalli, che però cresce, proponendosi pure. Il Cesena riesce portare pure la partita su certi binari potenzialmente produttivi, ma Breda la capisce e blinda il risultato con l’ingresso di Giani: poi, la caratura della manovra e un ex ex-giocatore fanno la differenza.

Qualcosa di buono si vede: Caldirola inizia ad alzare la voce in difesa, spiegando a Brandao come si debbano seguire le diagonali offensive, e per il capitano dell’U21 è un segno di buona volontà; Gessa e Iori sono già in ritmo campionato; se Graffiedi si porta via l’uomo il giochino, elementare e semplice, funziona… ma i limiti tecnici sono insormontabili a meno che qualcosa non cambi. Ne faccia le spese Tabanelli, lasciando il posto al cagnaccio nero Parfait, e pazienza l’indolenza supposta di quest’ultimo: già una volta il Cesena si è giocato un colored perché giudicato indolente, e una doppietta al Menti ha fatto più male di una semplice impresssione di settembre. E si rimetta al più presto Comotto in terzina destrorsa, catechizzando dall’altra parte Favalli che ha dei numeri, e parecchi, ma ha comunque perso la faccia in quel vicentino. E, infine, davanti si ammetta che Graffiedi non è uomo da 90′, ma da 65′ una volta e 25′ l’altra, che con i primi freddi inizia a soffrire di noie muscolari con tempi di recupero storicamente dilatati, mentre Succi è un giocatore che non ha ancora recuperato perfettamente dall’infortunio, né fisicamente né mentalmente, ripensando alle dichiarazioni durante la settimana dove suggeriva Junior di cambiare modulo: se pensasse a non appoggiare gomiti in faccia come un attaccante dei giovanissimi provinciali nel derby Sarsinate-Due Emme già sarebbe un passo avanti. Se LolLapadoola ha il ginocchio sifulo, si investa sull’AttanTurk Turchetta. Seriamente.

Ma, per ora, la differenza la fa lui, Mimmo, che nuovamente lotta con il Cesena. Contro il Cesena. Che nuovamente lotta, via, una piacevole novità per chi ama il calcio.
“Mimmo, bumaye”. Mimmo, uccidilo.
Anche perché se la difesa maggiore del Cesena è il vaffanculo di Mancini, continua a buttar male.

La Voce di Romagna, 02/09/2012 (integrazione)