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Finito il clamore epico.
Finito l’alone di leggenda della mediocre impresa del Manuzzi contro il condottiero Castori.
Finite le fregnacce sugli allenamenti insufficienti.
Si torna al sudore e alla merda.
Perché non c’è altro nel passato, nel presente e nel futuro del Cesena.
Sudore e merda.

Poco spazio per la poesia. Per le citazioni. Per gli ‘svolazzi’ d’autore. Per le parole che fanno battere il cuore.
E’ la serie B. E in serie B al calcio, al Manuzzi, finora ci ha giocato solo il Sassuolo.
E la storia di sudore e merda del Cesena di Bisoli è la stessa di quella del Cesena di Junior. Con meno scuse per chi gioca a livelli insufficienti.
Ma, ehi, ogni storia può avere più versioni.

Possiamo raccontarci che sia stata colpa degli episodi, contro il Modena. Di quattro episodi. Oppure possiamo raccontarci che il Modena abbia tirato 15 volte in porta mentre il Cesena solo 2, e anche quando si è raggiunta la parità numerica, sotto il vestito non c’era poi ‘sto granché.
Possiamo raccontarci che Bisoli ci veda giusto sia nella coppia Graffiedi-Succi sia in Defrel dietro alle punte e sia giusto insistere, perché tanto la partita da vincere era quella con il Varese. Oppure possiamo raccontarci che Bisoli stia sbagliando ad insistere con un attaccante che non ha la forza di essere incisivo di fianco ad uno che fatica dato che deve fare sia da esterno terminale che da seconda punta, supportati da un ‘cavallino’ che corre e corre, che tratta bene il pallone, che ha i numeri ma è innamorato del gesto in sé e non alza mai la testa, che non riesce ad essere determinante nemmeno quando segna, perché la squadra è già sopra di un gol e gioca con due uomini in più.
Possiamo raccontarci che Succi non riesca a mettere potenza nei suoi movimenti perché la preparazione di Junior non sia stata sufficiente. Oppure possiamo raccontarci che a 30 anni, con la scoliosi e un tendine d’Achille che purtroppo duole anche quando è bel tempo e reduce da due operazioni, con due gol segnati in quasi un anno solare corrispondente a 15 partite di campionato e 3 di Coppa Italia, rischia di essere un giocatore che tornerà buono forse nel 2013, non quello su cui puntare subito.
Possiamo raccontarci che Bisoli abbia sistemato la difesa. Oppure possiamo raccontarci che quando si gioca contro attaccanti non schierati che partono da lontano e Iori non è in mezzo alle linee, Tonucci e Caldirola non hanno la minima idea di come si stia in campo, che sia difesa a 3, a 4, a 5, a 6, a n.
Possiamo raccontarci che Bisoli che si presenta dicendo “Datemi quattro settimane” e dopo due settimane passa al “Datemi fino a gennaio” vuol dire “C’è speranza, datemi tempo”. Oppure possiamo raccontarci che voglia dire “Io mi sono preso il permesso di schierare giocatori che il fratello del presidente non poteva schierare, ma non è che butti meglio”.

Possiamo raccontarcene di fregnacce. E ce ne stiamo raccontando tutti.
Ma la verità è bagnata. Ed è fetida.
La verità è che in serie B il calcio è sudore e merda. E il calcio a Cesena lo è forse di più che da altre parti.
E allora è tempo di imbandire la tovaglia a gran festa, prendere il cucchiaio buono, quello di argento della nonna, quella nonna che ci ha sempre voluto un gran bene e che nascondeva i risparmi sotto il camino, mettersi il polsino per asciugarsi la fronte e iniziare a mangiare. Possibilmente a generose cucchiaiate, perché il vitto è tanto e a tavola ci si siede sempre in di meno.

Questa squadra non può permettersi errori tattici, e già è stato scritto. Ma questa squadra non può permettersi nemmeno alibi, perché ogni fottuto sabato non è detto che si giochi contro l’attacco più forte della B nel peggior momento stagionale. Quelle son cose da un lunedì di polluzioni notturne, da una settimana di ingrifamento in cui si è fatto finta di non vedere che la tipa è cessa anche se diciamo che è un bel bocconcino, e da un tristo barzotto nel weekend.

Il tristo barzotto è che al di là della fine delle imposizioni societarie su chi deve scendere in campo, Bisoli non è riuscito ancora a dare un’anima al gioco bianconero. Urli, sì. Rabbia, sì. Djokovic che è da rosso ad ogni partita per episodi a gioco fermo, sì. Ma se per una volta si aprono gli occhi anche quando si vorrebbe continuare a sognare, si potrebbe intuire che, in fondo, anche quando è andata bene è andata male, ma con un po’ di culo. E un po’ di Belardi.

Servono anche quelli.
Ma non sono bastati a Modena, dove una squadra mediocre ha fatto a pezzi una squadra scarsa.
Scarsa e senza idee.
E senza Succi, che non ne ha. E senza Iori, che non c’è. E senza efficacia, che non ce n’è.

Sudore. Di quello ce n’è. Ma ce n’era anche prima, checché se ne dica.
Merda. Di quella ce n’è. Ma ce n’era anche prima.
Solo che sta iniziando ad accumularsi.
E potrebbe non bastare più chiudere gli occhi o guardare dall’altra parte. O raccontarsi un’altra storia.
Bisoli un po’ di merda l’ha spalata, ma era già sudato prima di iniziare. Bisogna che i giocatori accettino il fatto compiuto e inizino a dargli una mano. E tocca che i tifosi diano pure una mano a mangiarla. Già hanno saltato il turno quando hanno chiesto ed ottenuto la testa di un Campedelli, qualunque Campedelli fosse purché un Campedelli. Ora non possono più esimersi.

Perché questo sarà un campionato di media/medio-bassa. Discontinuo. Basato più su maronate degli altri che su magate proprie.
Fino a gennaio, dicono. Quando arriverà il mercato.
Il mercato, già. Un’altra specialità novella della casa.
Anche se è tempo di recuperare i vecchi sapori.
Quelli del sudore e della merda.

Uccellati e uccellini (vignetta di TraMe)

L’Ascoli non è una squadra dura.
Il Del Duca non è uno stadio difficile, superati i bagni. Che non marcano a uomo, ma boia se mettono pressione…
E se viene messo sul piatto un altro assioma sull’Ascoli, è stato sfatato anche quello.
Ieri sera si sono affrontate due squadre mortiferamente scarse, se l’è sgavagnata quella con più combattività e più esperta.
E combattività non vuol dire “bava alla bocca”. Perché il computo dei falli (13-19), dei cartellini e degli atteggiamenti tenuti davanti ad un arbitro bravino ma con la personalità di un arbusto, parla di un Cesena nervoso e aggressivo più contro i suoi interessi che altro. Che ha rischiato di vedersi cacciar fuori tanto Rossi quanto Djokovic.

Chi fa le spese dei meccanismi inceppati a centrocampo contro il Cittadella è Parfait, che con l’Ascoli rimane in panchina assieme a Defrel e D’Alessandro: l‘esperimento con i due semitrequartisti viene per ora archiviato e Succi torna al suo posto in attacco accanto a Graffiedi dimostrando, ancora una volta, quanto non sia possibile ora come ora vederli in campo assieme.
Persistono dubbi sul posizionamento di Ceccarelli, che raccoglie di nuovo la fiducia del mister, considerato che Gessa continua a giocare molto largo sulla destra, svariando per il campo come contro il Citta, senza però mai trovare il vero centro di gravità permanente che possa far girare il resto della squadra. Perché Iori non è nelle condizioni di impostare dovendo continuamente riparare alle evidenti difficoltà della difesa a 3 nelle marcature a zona e senza il giusto supporto visto che Gessa è sempre sulla fascia e Djokovic ha una visione del gioco di squadra simile a quella di un tennista, si perde nel nulla, manco fosse una legione dispersa nella nebbia scozzese. Perché tra Comotto, Ceccarelli, Gessa e Graffiedi non si riesce comunque a fare una fascia destra che sia una… e per fortuna che Pasqualini non è Biraghi, altrimenti sarebbe stato un assalto più di quanto già visto.

Il cliente difficile per Caldirola e Tonucci è Soncin, che pianta gomiti un po’ ovunque: Caldirola se la cava con la classe di chi ha i numeri ma la malizia dei dilettanti, Tonucci lo punge con la grinta di una zanzara anemica e, spesso, sembra essere proprio il pesarese quello più vecchio di dieci anni tra i due… Al primo puntello romagnolo che salta è crisi: Caldirola si fa saltare su un mismatch difensivo con Rossi da Feczesin, e solo l’ennesimo miracolo di Belardi evita la capitolazione. Quando è Comotto a “svenire”, Soncin non perdona, nonostante il ‘Bela’ faccia un bimbo di soli riflessi. Premesso che, comunque, ci sono grossi ritardi nei raddoppi, con Iori che non è quasi mai arrivato  ad aiutare in fase di ripiegamento, anche la fase difensiva fa passi indietro. Inutile al di là e al di qua della metacampo, il capitano passa il testimone a Defrel a metà della ripresa, per provare ad alzare il baricentro.

Bisoli crede nel modulo, nell’impianto di gioco e boccia nuovamente nel secondo tempo Ceccarelli per cercare in Parfait il giusto supporto alla manovra, limitando le percussioni marchigiane. Con l’ingresso di Defrel in avanti ne esce un 3-4-3 con Succi più arretrato, ma non serve a trovare lo spunto giusto… anche perché è proprio in quel 3-4-3 che il regista Iori troverebbe una su dimensione, giocando a rombo, lui che regista non è, ma meno peggio dei Ringo boys Djokovic/Parfait senza dubbio. Su qualsiasi pallone vagante è sempre l’Ascoli ad avventarsi: falchi marchigiani, nuova razza, forse sottovalutata. Inspiegabilmente Succi fa tutti i novanta minuti… bene che giochi il più possibile, male che gliene venga data la possibilità quando non è in grado di far nulla tranne penose rovesciate a gioco fermo: rischia di essere umiliante sia per lui che per chi paga il biglietto. Viene tolto Gessa per mettere D’Alessandro a destra, segno che Bisoli non sa dove andare a pescare, impantanato nella buazza degli ex-bellariesi che a lui non aggrada granché. Contro l’Ascoli. Con il loro più forte giocatore, Zaza, completamente fuori giri…
Non ci sono molte alternative in panchina, è vero, ma in tribuna langue Turchetta. E non per sua scelta.

C’è un senso di attesa. E’ tangibile. LolLapadoola salverà la patria. Può essere. Il mercato di dicembre-gennaio, lunga vita alla riparazione. Può essere.
Ma questo vuol dire essere tornati ai tempi di Junior.
Con l’unica differenza dell’avere un portiere di categoria tra i pali e non qualcuno a cui gli sia stato raccontato che era un portiere di categoria senza averlo dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio. Mentre il buco nero in cui sta precipitando si è palesato quando è entrato in campo al fianco di Belardi per il riscaldamento e al coro a favore del portiere di Eboli da parte dei 48 corsi nelle Marche per tifare bianconero made in Romagna è rimasto indietro, rallentando il passo. Quasi fermandosi. Rassegnato.
Perso. Ci si augura torni buono per gennaio, perché qui a Cesena potrebbe fare molta fatica a riprendersi, ora. Differenze, in questo senso, tra Junior e Bisoli? Junior non aveva il necessario potere per spiegare a Senior che il suo capitale dagli occhi azzurri non andava bene per la categoria… e, forse, nemmeno il background, considerato che schierava Tabanelli trequartista…
Chi voleva la conferma ad Ascoli, l’ha avuta: il Cesena non è in grado in queste condizioni di affrontare una B di media/medio-alta classifica e, al minimo errore tattico, verrà sempre punita da squadre costruite per salvarsi con l’esperienza.

La Voce di Romagna, 26/09/2012 (integrazione)

D’Alessandro o Defrel?

Pierpaolo Bisoli non si fa grossi problemi: dentro tutti e due. Contro il Citta si passa quindi a un 3-4-2-1 con i due mezzi fantasisti dietro all’unica punta Graffiedi. Tanto Iori quanto Gessa tendono ad arretrare sulla linea difensiva quando muove la ripartenza padovana, con Comotto che a tratti deve intervenire a supporto di Ceccarelli quando Biraghi, vera spina nel fianco, e Bellanzini si muovono in coppia sulla fascia: per questo Gessa è costretto a riparare in chiusura sul “lato debole” che, paradossalmente, diventa la fascia centrale. In compenso, spinge anche in avanti per aprire il gioco a Iori, e questo lo mette quasi in conflitto con Defrel che, dopo la metacampo, fa fatica a manovrare. L’idea di fondo dovrebbe essere che il francesino di Medoun raccogliesse la palla dopo la tre quarti, aspettando o l’appoggio di Graffiedi e il conseguente taglio di D’Alessandro, o la sovrapposizione verso l’esterno di Gessa, pronto a metterla in mezzo dalla destra con ‘Cecca’ a supportarlo.
E’ un gioco fisicamente dispendioso, che però mette spesso D’Alessandro nelle condizioni di poter prendere palla e svariare, anche se la chiusura dell’azione non arriva: difatti è lui il pezzo sacrificato da Bisoli nei cambi. Conferma di essere un’incognita: a sinistra come esterno non ha capacità di contenimento e quindi deve essere supportato da un terzino d’esperienza che il Cesena non ha e, anche per questo, per ora l’illusione di farne un nuovo Giaccherini sa più di harakiri che di investimento; da trequartista in coppia è completamente sprecato.

Al 18′, comunque, si vede l’essenza di questo ragionamento tattico: Defrel recupera al di qua della metacampo, Gessa taglia in esterna e si porta via l’uomo, appoggio del francese su Iori che pennella per D’Alessandro, con campo libero, D’Alessandro si allarga e Graffiedi taglia in area, portando via l’uomo per l’inserimento di Defrel, cui manca solo un po’ di puntualità. Probabilmente una pecca in questo gioco passa sulla destra: per non essere isolato, Defrel è costretto ad arretrare e non è quello che vorrebbe Bisoli. Ceccarelli non sembra ancora mentalmente pronto per impostare interamente un’azione da quella fascia. Bisoli se ne accorge e, nella ripresa, toglie D’Alessandro, lascia Defrel unico trequartista e arricchisce il centrocampo con Parfait, allargando Gessa a supporto di ‘Cecca’ e tamponando così Biraghi, anche se si è comunque perso un punto di riferimento sulle diagonali offensive. Va detto che, fisicamente, Defrel non può essere il giocatore di spinta che Bisoli cerca, non ne ha il physique du role, anche se di miglioramenti se ne vedranno parecchi nelle prossime giornate. Una considerazione, se è permesso: Defrel è in comproprietà con il Parma… e se c’è il talento, raramente il Parma molla la presa… è lui l’uomo su cui investire tempo che potrebbe essere impiegato su un reale capitale territoriale ed economico come Turchetta?
C’è comunque sterilità offensiva, ma Djokovic ha la sua occasione per andare ad attaccare a sinistra mentre Gessa rimane a presidiare la destra, senza più dover seguire anche gli spostamenti di ‘Cecca’. La mossa si rivelerà giusta perché Damjan, un altro di quelli di cui Senior si sarebbe volentieri disfatto, mette il suo sigillo sulla gara.
A Bisoli va bene in difesa con Tonucci: Mariani di Aprilia non vede la spinta del difensore ai danni di Coly e non fischia rigore, ma tutto sommato il pesarese classe ’88 non fa altri danni e gioca una partita dignitosa, lasciando che i centrali avanzati lo soccorrano, perché quando esce oltre l’area sul portatore di palla è regolarmente aggirato come un divieto di circolazione senza Sirio tra le palle. Va peggio con Brandao, e il Belardi è costretto a immolare pure il faccione onde evitare rischi. E poi c’è Comotto. Già, Comotto. Quello che doveva morire. Mai visto negli ultimi anni di non calcio un comportamento più professionale del suo. E, infatti, doveva essere fatto fuori nella fase di mercato estivo. Come Guana. Comotto: un uomo, che non ha bisogno di urlare per far vedere gli spigoli dei suo coglioni.

Qualcuno si lamentava, alla fine del primo tempo, di un Cesena inconcludente. Non è che fosse inconcludente… semplicemente era troppo ambizioso. Palla a terra, legna: non può ambire ad altro. E in questo gioco operaio, potrebbe anche incominciare a giustificare il fatto che top-class come Iori e Belardi, perché c’è chi non ha mai dubitato che Belardi in panchina fosse un lusso per i bianconeri, giochino al Manuzzi.
Ma è presto per giudicare Bisoli. Come, forse, era presto per giudicare Junior. Certo, 4 punti in 2 giornate sono un ruolino di marcia da chi ha mostrato di avere le palle. Ma, al contrario di altri, chi le ha mostrate è stato messo nelle condizioni di poterlo fare.

“Mi piace il gioco cattivo di Bisoli” scherzava il buon Djokovic a fine partita.
L’ha detta bene lui, in manco una riga.

La Voce di Romagna, 23/09/2012 (integrazione)

Il gioco cattivo di Bisoli (vignetta di TraMe)

“Mimmo, bumaye”.
Mimmo, uccidilo. Che sia Luca Mancini, che pare abbia risposto alle sue urla di rabbia francofone con un meno francese gesto dell’ombrello. Che sia Maurizio Marin, che lo ha concesso in prestito con diritto di riscatto al Vicenza, agevolando una doppietta che Malonga non realizzava dal ’75. Che sia Gabriele Valentini, che non ho la minima idea di cosa si stia occupando in società in questo momento ma sono sicuro che in serie B il concetto di “dirigente dell’area sportiva” sia denso di significato tale che servono menti elette anche solo per arguirne la portata. Che sia lo stesso Malonga, quello indolente, che non corre in allenamento, che ha dinamite nei piedi ma sembra un invertebrato quando fa finta di muoversi. Quello che, si spera per loro, i vicentini non conosceranno mai, ma che qui a Cesena ha fatto sempre dannare.
Sia chi sia, Mimmo, uccidilo.
Come Ali ha ucciso Foreman, come Mancini ha ucciso Minotti, ieri Mimmo ha ucciso il Cesena. Che già non è che fosse poi molto in forma.

Di nuovo 4-4-2 per Junior. O 3-5-2. O 4-3-3. Dipende chi è che guarda la partita. Ma, ehi, tranquilli: non è che cambi molto. La realtà, oltre l’universo del pressapochismo tattico, è che si soffre soprattutto a centrocampo, dove solitamente trae forza la manovra del Cesena, con i 5 in linea del Vicenza che fanno e disfano.
Gessa è sacrificato spesso indietro a fare il terzino d’appoggio per l’arrembante Tonucci, al debutto, nonostante si pensasse a spendere la pedina Bamonte alla vigilia, con una difesa che anche se viene spacciata per linea a 3 è in realtà costantemente a 5. Tabanelli è quindi spesso attivo in fase di proposizione, mentre Iori deve costruire, e da quelle parti è roba per Spirit cavalli selvaggi, ma il Vicenza è compiacente e bussa raramente, preferendo penetrare dolcemente la verginità della fascia sinistra bianconera, con Favalli ancora troppo timido per essere proposto in una situazione in cui deve guardarsi sia da Mustacchio che da Malonga, pronto ad incunearsi tra l’ex compagno di squadra e Caldirola, con il completo disinteresse di D’Alessandro. Può anche essere il male minore l’esterno sinistro, ma va innescato prima della trequarti, altrimenti non è in grado di scrollarsi di dosso i raddoppi, che questa sera ci sono e si sentono, anche se con una settimana di ritardo stando alle visioni di Campedelli del dopo-Sassuolo. Purtroppo dipende tutto dal lavoro di Iori, missionario nel deserto quando Minesso e Di Matteo salgono in fase difensiva dietro Malonga, tagliando le gambe alle ripartenze bianconere con Tabanelli impossibilitato ad appoggiare. E se bisogna giocare per lui, in questo momento l’unico in grado di far male, allora si giochi costantemente per lui.

Di nuovo tanti, tanti limiti con i centrali difensivi. Nei due gol è palese la poca intesa tra Ravaglia e il duo Caldirola-Brandao: il portiere forlivese continua poi a non essere signore dell’area piccola, come dimostra il gol di Misuraca. E prima o poi qualcuno dovrà iniziare a parlare anche di panchina. L’inserimento di Pinardi, con una linea offensiva a quattro per spostare il baricentro, cambia l’inerzia della partita: arriva il raddoppio e sembrerebbe finita, ma D’Alessandro conferma di essere come il nemico degli X-Men, il Fenomeno: nessuno può fermarlo, palla al piede, prima della tre quarti.
Con l’espulsione di Succi si passa al 4-3-1-1, specialità di Junior al Bellaria quando rimaneva in inferiorità, portando comunque a casa qualche punticino: D’Alessandro passa dietro a Graffiedi e Iori è costretto a fare come la Curva, a macinare chilometri, per tamponare le fuoriuscite dalle parti del pupo Favalli, che però cresce, proponendosi pure. Il Cesena riesce portare pure la partita su certi binari potenzialmente produttivi, ma Breda la capisce e blinda il risultato con l’ingresso di Giani: poi, la caratura della manovra e un ex ex-giocatore fanno la differenza.

Qualcosa di buono si vede: Caldirola inizia ad alzare la voce in difesa, spiegando a Brandao come si debbano seguire le diagonali offensive, e per il capitano dell’U21 è un segno di buona volontà; Gessa e Iori sono già in ritmo campionato; se Graffiedi si porta via l’uomo il giochino, elementare e semplice, funziona… ma i limiti tecnici sono insormontabili a meno che qualcosa non cambi. Ne faccia le spese Tabanelli, lasciando il posto al cagnaccio nero Parfait, e pazienza l’indolenza supposta di quest’ultimo: già una volta il Cesena si è giocato un colored perché giudicato indolente, e una doppietta al Menti ha fatto più male di una semplice impresssione di settembre. E si rimetta al più presto Comotto in terzina destrorsa, catechizzando dall’altra parte Favalli che ha dei numeri, e parecchi, ma ha comunque perso la faccia in quel vicentino. E, infine, davanti si ammetta che Graffiedi non è uomo da 90′, ma da 65′ una volta e 25′ l’altra, che con i primi freddi inizia a soffrire di noie muscolari con tempi di recupero storicamente dilatati, mentre Succi è un giocatore che non ha ancora recuperato perfettamente dall’infortunio, né fisicamente né mentalmente, ripensando alle dichiarazioni durante la settimana dove suggeriva Junior di cambiare modulo: se pensasse a non appoggiare gomiti in faccia come un attaccante dei giovanissimi provinciali nel derby Sarsinate-Due Emme già sarebbe un passo avanti. Se LolLapadoola ha il ginocchio sifulo, si investa sull’AttanTurk Turchetta. Seriamente.

Ma, per ora, la differenza la fa lui, Mimmo, che nuovamente lotta con il Cesena. Contro il Cesena. Che nuovamente lotta, via, una piacevole novità per chi ama il calcio.
“Mimmo, bumaye”. Mimmo, uccidilo.
Anche perché se la difesa maggiore del Cesena è il vaffanculo di Mancini, continua a buttar male.

La Voce di Romagna, 02/09/2012 (integrazione)