Posts contrassegnato dai tag ‘Parfait’

L’Ascoli non è una squadra dura.
Il Del Duca non è uno stadio difficile, superati i bagni. Che non marcano a uomo, ma boia se mettono pressione…
E se viene messo sul piatto un altro assioma sull’Ascoli, è stato sfatato anche quello.
Ieri sera si sono affrontate due squadre mortiferamente scarse, se l’è sgavagnata quella con più combattività e più esperta.
E combattività non vuol dire “bava alla bocca”. Perché il computo dei falli (13-19), dei cartellini e degli atteggiamenti tenuti davanti ad un arbitro bravino ma con la personalità di un arbusto, parla di un Cesena nervoso e aggressivo più contro i suoi interessi che altro. Che ha rischiato di vedersi cacciar fuori tanto Rossi quanto Djokovic.

Chi fa le spese dei meccanismi inceppati a centrocampo contro il Cittadella è Parfait, che con l’Ascoli rimane in panchina assieme a Defrel e D’Alessandro: l‘esperimento con i due semitrequartisti viene per ora archiviato e Succi torna al suo posto in attacco accanto a Graffiedi dimostrando, ancora una volta, quanto non sia possibile ora come ora vederli in campo assieme.
Persistono dubbi sul posizionamento di Ceccarelli, che raccoglie di nuovo la fiducia del mister, considerato che Gessa continua a giocare molto largo sulla destra, svariando per il campo come contro il Citta, senza però mai trovare il vero centro di gravità permanente che possa far girare il resto della squadra. Perché Iori non è nelle condizioni di impostare dovendo continuamente riparare alle evidenti difficoltà della difesa a 3 nelle marcature a zona e senza il giusto supporto visto che Gessa è sempre sulla fascia e Djokovic ha una visione del gioco di squadra simile a quella di un tennista, si perde nel nulla, manco fosse una legione dispersa nella nebbia scozzese. Perché tra Comotto, Ceccarelli, Gessa e Graffiedi non si riesce comunque a fare una fascia destra che sia una… e per fortuna che Pasqualini non è Biraghi, altrimenti sarebbe stato un assalto più di quanto già visto.

Il cliente difficile per Caldirola e Tonucci è Soncin, che pianta gomiti un po’ ovunque: Caldirola se la cava con la classe di chi ha i numeri ma la malizia dei dilettanti, Tonucci lo punge con la grinta di una zanzara anemica e, spesso, sembra essere proprio il pesarese quello più vecchio di dieci anni tra i due… Al primo puntello romagnolo che salta è crisi: Caldirola si fa saltare su un mismatch difensivo con Rossi da Feczesin, e solo l’ennesimo miracolo di Belardi evita la capitolazione. Quando è Comotto a “svenire”, Soncin non perdona, nonostante il ‘Bela’ faccia un bimbo di soli riflessi. Premesso che, comunque, ci sono grossi ritardi nei raddoppi, con Iori che non è quasi mai arrivato  ad aiutare in fase di ripiegamento, anche la fase difensiva fa passi indietro. Inutile al di là e al di qua della metacampo, il capitano passa il testimone a Defrel a metà della ripresa, per provare ad alzare il baricentro.

Bisoli crede nel modulo, nell’impianto di gioco e boccia nuovamente nel secondo tempo Ceccarelli per cercare in Parfait il giusto supporto alla manovra, limitando le percussioni marchigiane. Con l’ingresso di Defrel in avanti ne esce un 3-4-3 con Succi più arretrato, ma non serve a trovare lo spunto giusto… anche perché è proprio in quel 3-4-3 che il regista Iori troverebbe una su dimensione, giocando a rombo, lui che regista non è, ma meno peggio dei Ringo boys Djokovic/Parfait senza dubbio. Su qualsiasi pallone vagante è sempre l’Ascoli ad avventarsi: falchi marchigiani, nuova razza, forse sottovalutata. Inspiegabilmente Succi fa tutti i novanta minuti… bene che giochi il più possibile, male che gliene venga data la possibilità quando non è in grado di far nulla tranne penose rovesciate a gioco fermo: rischia di essere umiliante sia per lui che per chi paga il biglietto. Viene tolto Gessa per mettere D’Alessandro a destra, segno che Bisoli non sa dove andare a pescare, impantanato nella buazza degli ex-bellariesi che a lui non aggrada granché. Contro l’Ascoli. Con il loro più forte giocatore, Zaza, completamente fuori giri…
Non ci sono molte alternative in panchina, è vero, ma in tribuna langue Turchetta. E non per sua scelta.

C’è un senso di attesa. E’ tangibile. LolLapadoola salverà la patria. Può essere. Il mercato di dicembre-gennaio, lunga vita alla riparazione. Può essere.
Ma questo vuol dire essere tornati ai tempi di Junior.
Con l’unica differenza dell’avere un portiere di categoria tra i pali e non qualcuno a cui gli sia stato raccontato che era un portiere di categoria senza averlo dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio. Mentre il buco nero in cui sta precipitando si è palesato quando è entrato in campo al fianco di Belardi per il riscaldamento e al coro a favore del portiere di Eboli da parte dei 48 corsi nelle Marche per tifare bianconero made in Romagna è rimasto indietro, rallentando il passo. Quasi fermandosi. Rassegnato.
Perso. Ci si augura torni buono per gennaio, perché qui a Cesena potrebbe fare molta fatica a riprendersi, ora. Differenze, in questo senso, tra Junior e Bisoli? Junior non aveva il necessario potere per spiegare a Senior che il suo capitale dagli occhi azzurri non andava bene per la categoria… e, forse, nemmeno il background, considerato che schierava Tabanelli trequartista…
Chi voleva la conferma ad Ascoli, l’ha avuta: il Cesena non è in grado in queste condizioni di affrontare una B di media/medio-alta classifica e, al minimo errore tattico, verrà sempre punita da squadre costruite per salvarsi con l’esperienza.

La Voce di Romagna, 26/09/2012 (integrazione)

“Mimmo, bumaye”.
Mimmo, uccidilo. Che sia Luca Mancini, che pare abbia risposto alle sue urla di rabbia francofone con un meno francese gesto dell’ombrello. Che sia Maurizio Marin, che lo ha concesso in prestito con diritto di riscatto al Vicenza, agevolando una doppietta che Malonga non realizzava dal ’75. Che sia Gabriele Valentini, che non ho la minima idea di cosa si stia occupando in società in questo momento ma sono sicuro che in serie B il concetto di “dirigente dell’area sportiva” sia denso di significato tale che servono menti elette anche solo per arguirne la portata. Che sia lo stesso Malonga, quello indolente, che non corre in allenamento, che ha dinamite nei piedi ma sembra un invertebrato quando fa finta di muoversi. Quello che, si spera per loro, i vicentini non conosceranno mai, ma che qui a Cesena ha fatto sempre dannare.
Sia chi sia, Mimmo, uccidilo.
Come Ali ha ucciso Foreman, come Mancini ha ucciso Minotti, ieri Mimmo ha ucciso il Cesena. Che già non è che fosse poi molto in forma.

Di nuovo 4-4-2 per Junior. O 3-5-2. O 4-3-3. Dipende chi è che guarda la partita. Ma, ehi, tranquilli: non è che cambi molto. La realtà, oltre l’universo del pressapochismo tattico, è che si soffre soprattutto a centrocampo, dove solitamente trae forza la manovra del Cesena, con i 5 in linea del Vicenza che fanno e disfano.
Gessa è sacrificato spesso indietro a fare il terzino d’appoggio per l’arrembante Tonucci, al debutto, nonostante si pensasse a spendere la pedina Bamonte alla vigilia, con una difesa che anche se viene spacciata per linea a 3 è in realtà costantemente a 5. Tabanelli è quindi spesso attivo in fase di proposizione, mentre Iori deve costruire, e da quelle parti è roba per Spirit cavalli selvaggi, ma il Vicenza è compiacente e bussa raramente, preferendo penetrare dolcemente la verginità della fascia sinistra bianconera, con Favalli ancora troppo timido per essere proposto in una situazione in cui deve guardarsi sia da Mustacchio che da Malonga, pronto ad incunearsi tra l’ex compagno di squadra e Caldirola, con il completo disinteresse di D’Alessandro. Può anche essere il male minore l’esterno sinistro, ma va innescato prima della trequarti, altrimenti non è in grado di scrollarsi di dosso i raddoppi, che questa sera ci sono e si sentono, anche se con una settimana di ritardo stando alle visioni di Campedelli del dopo-Sassuolo. Purtroppo dipende tutto dal lavoro di Iori, missionario nel deserto quando Minesso e Di Matteo salgono in fase difensiva dietro Malonga, tagliando le gambe alle ripartenze bianconere con Tabanelli impossibilitato ad appoggiare. E se bisogna giocare per lui, in questo momento l’unico in grado di far male, allora si giochi costantemente per lui.

Di nuovo tanti, tanti limiti con i centrali difensivi. Nei due gol è palese la poca intesa tra Ravaglia e il duo Caldirola-Brandao: il portiere forlivese continua poi a non essere signore dell’area piccola, come dimostra il gol di Misuraca. E prima o poi qualcuno dovrà iniziare a parlare anche di panchina. L’inserimento di Pinardi, con una linea offensiva a quattro per spostare il baricentro, cambia l’inerzia della partita: arriva il raddoppio e sembrerebbe finita, ma D’Alessandro conferma di essere come il nemico degli X-Men, il Fenomeno: nessuno può fermarlo, palla al piede, prima della tre quarti.
Con l’espulsione di Succi si passa al 4-3-1-1, specialità di Junior al Bellaria quando rimaneva in inferiorità, portando comunque a casa qualche punticino: D’Alessandro passa dietro a Graffiedi e Iori è costretto a fare come la Curva, a macinare chilometri, per tamponare le fuoriuscite dalle parti del pupo Favalli, che però cresce, proponendosi pure. Il Cesena riesce portare pure la partita su certi binari potenzialmente produttivi, ma Breda la capisce e blinda il risultato con l’ingresso di Giani: poi, la caratura della manovra e un ex ex-giocatore fanno la differenza.

Qualcosa di buono si vede: Caldirola inizia ad alzare la voce in difesa, spiegando a Brandao come si debbano seguire le diagonali offensive, e per il capitano dell’U21 è un segno di buona volontà; Gessa e Iori sono già in ritmo campionato; se Graffiedi si porta via l’uomo il giochino, elementare e semplice, funziona… ma i limiti tecnici sono insormontabili a meno che qualcosa non cambi. Ne faccia le spese Tabanelli, lasciando il posto al cagnaccio nero Parfait, e pazienza l’indolenza supposta di quest’ultimo: già una volta il Cesena si è giocato un colored perché giudicato indolente, e una doppietta al Menti ha fatto più male di una semplice impresssione di settembre. E si rimetta al più presto Comotto in terzina destrorsa, catechizzando dall’altra parte Favalli che ha dei numeri, e parecchi, ma ha comunque perso la faccia in quel vicentino. E, infine, davanti si ammetta che Graffiedi non è uomo da 90′, ma da 65′ una volta e 25′ l’altra, che con i primi freddi inizia a soffrire di noie muscolari con tempi di recupero storicamente dilatati, mentre Succi è un giocatore che non ha ancora recuperato perfettamente dall’infortunio, né fisicamente né mentalmente, ripensando alle dichiarazioni durante la settimana dove suggeriva Junior di cambiare modulo: se pensasse a non appoggiare gomiti in faccia come un attaccante dei giovanissimi provinciali nel derby Sarsinate-Due Emme già sarebbe un passo avanti. Se LolLapadoola ha il ginocchio sifulo, si investa sull’AttanTurk Turchetta. Seriamente.

Ma, per ora, la differenza la fa lui, Mimmo, che nuovamente lotta con il Cesena. Contro il Cesena. Che nuovamente lotta, via, una piacevole novità per chi ama il calcio.
“Mimmo, bumaye”. Mimmo, uccidilo.
Anche perché se la difesa maggiore del Cesena è il vaffanculo di Mancini, continua a buttar male.

La Voce di Romagna, 02/09/2012 (integrazione)